Disturbi del Neurosviluppo

Sono bambini vivaci, attenti, curiosi del mondo, che sanno fare tante cose ma “sono pigri nel parlare”. Sono bambini che a 3 anni dicono poche parole, spesso solo nomi delle persone vicine o di oggetti di uso molto comune, oppure che “chiacchierano” molto, ma solo la mamma o il fratellino li capiscono, bambini che a quattro anni producono solo frasi brevi, con difficoltà ad usare il verbo, che continuano a pronunciare male molte parole, bambini che a 5 anni non sanno raccontare quello che succede loro che usano poco il linguaggio quando giocano o quando disegnano. Hanno voglia di comunicare con gli altri e usano spesso i gesti o la mimica facciale. Si arrabbiano o si frustrano se non vengono capiti. Sono bravi a capire come funziona un gioco, cosa si vuole da loro, quali sono le regole da rispettare, ma alcuni di loro fanno fatica a comprendere il significato di parole non comuni, frasi complesse, o più ordini in sequenza; quando crescono non amano ascoltare le storie, fanno fatica a capire le frasi buffe o le barzellette.

Le difficoltà si riducono nel tempo e spesso a cinque anni sembra che ormai parlino bene; qualche volta però l’inserimento a scuola fa emergere difficoltà nell’imparare a leggere o, più in là, a capire quello che si è letto, a studiare o a ripetere quello che si è imparato. Negli anni successivi le difficoltà possono riguardare le capacità di esposizione degli argomenti studiati, la stesura dei componimenti scritti e, volte, anche la capacità di sostenere una discussione con gli adulti e con i pari o esprimere in modo preciso il proprio pensiero.

Sono bambini fin da subito un po’ goffi, che inciampano facilmente, che non amano arrampicarsi; imparano con difficoltà ad andar in bicicletta senza rotelle, non amano giocare a calcio o fare sport. In altri casi sono bambini che imparano con difficoltà a vestirsi, ad abbottonarsi o a fare il nodo, non sono bravi nei puzzle o nelle costruzioni, imparano a disegnare tardi e spesso in modo approssimativo; da grandi hanno spesso una brutta scrittura, hanno quaderni disordinati e risolvono con difficoltà i problemi di geometria. In genere sono bambini e ragazzi che preferiscono attività sedentarie, sviluppano un linguaggio ricco e spesso parlano invece di agire; le difficoltà di organizzazione motoria li espongono a rimproveri da parte degli adulti e prese in giro da parte dei coetanei che possono interferire con la loro socializzazione.

Con il tempo le difficoltà motorie si riducono, mentre rimangono le difficoltà di organizzazione spesso più evidenti a scuola e nella gestione dei compiti a casa o delle attività ricreative. La scrittura a mano è spesso poco comprensibile, anche i numeri sono spesso scritti in modo poco chiaro, e l’utilizzo dello spazio sul foglio è spesso disordinato con conseguenti possibilità di errori. Al di fuori della scuola possono esserci difficoltà nell’orientamento spaziale, nel calcolare i tempi necessari per compiere alcune attività, nell’apprendere attività manuali nuove e complesse.

Sono bambini che non hanno mostrato problemi di sviluppo evidenti prima di affrontare la scuola, o se hanno mostrato qualche ritardo lo hanno recuperato spontaneamente; sono bambini intelligenti, vivaci, che affrontano la scuola con tanta voglia di imparare a conoscere il mondo delle lettere e dei numeri. Ma quasi subito ci rendiamo conto che fanno fatica a ricordarsi come si scrivono o leggono le lettere, oppure leggono e scrivono per sillabe quando gli altri bambini leggono frasi. Altri sembrano leggere o scrivere troppo velocemente e le lettere si mescolano, saltano via o compaiono dove non dovrebbero essere. Fare i compiti diventa un dramma e tutta la voglia di imparare sembra essere scomparsa. Con il tempo le cose sembrano andare un po’ meglio, gli errori diminuiscono, ma leggere e scrivere continuano a richiedere un grande sforzo e non vengono quasi mai scelte spontaneamente. I bambini e ragazzi cominciano e lamentarsi di non capire quello che leggono, di non ricordare quello che hanno studiato, sono spesso oppositori, o tristi, apparentemente svogliati o distratti “ma solo quando si parla di scuola”.

Alcuni di questi bambini e ragazzi hanno difficoltà nell’imparare a contare, a fare i primi calcoli senza usare le dita, non riescono a ricordare le tabelline e le regole che servono per eseguire le operazioni; sono molto lenti e fanno speso errori anche quando, da più grandi, devono fare calcoli o altre procedure matematiche complesse. Il mondo dei numeri rimane un mistero che si può affrontare solo con molto impegno e quasi sempre con scarsi risultati. Visto che essere bravi a scuola è considerato un segno di intelligenza questi bambini e ragazzi sono in genere convinti di essere stupidi, anche quando si fa loro notare che, se non devono leggere o scrivere e se non ci sono i numeri di mezzo, sono capaci come gli altri compagni, che capiscono bene le spiegazioni o sanno risolvere situazioni o giochi complicati con poca fatica.

Nella scuola Secondaria gli errori appaiono ridotti, mentre rimane una lentezza del controllo del codice scritto e dei calcoli, che rendono faticoso il percorso scolastico. L’utilizzo di strumenti e strategie di compenso, che permettano di aggirare il disturbo, consentono a questi ragazzi di completare il percorso formativo e, se lo desiderano, quello degli studi universitari.

Sono bambini intelligenti che sin da piccoli mostrano difficoltà nel mantenere l’attenzione su quello che stanno facendo, tendono a passare da un’attività all’altra e non portano mai a termine quello che hanno cominciato. Sono bambini e ragazzi che faticano a rispettare le regole, sia a casa che a scuola, tendono a non ascoltare l’altro, sono facilmente frustrabili e presentano crisi di pianto e/o comportamenti oppositori se non ottengono subito quello che desiderano o se non riescono in quello che hanno intrapreso.

Sono spesso in movimento, non riescono a portare a termine un compito sia didattico che di gioco perché distratti da altri stimoli esterni o da nuovi desideri che non riescono a posticipare.
Sono difficili da gestire con scarse capacità riflessive. Al contrario appaiono impulsivi, spesso si mettono in pericolo con comportamenti non adeguati al contesto e hanno difficoltà nella gestione delle proprie emozioni con conseguente difficoltà nelle relazioni sia con l’adulto che con i pari.

Queste difficoltà possono portare a scarso rendimento scolastico, a relazioni problematiche con i coetanei, a rimproveri frequenti da parte degli adulti; di conseguenza si sentono inadeguati, ansiosi e demoralizzati, e queste emozioni accentuano i problemi di base. In altri casi le loro difficoltà emotive si manifestano attraverso comportamenti di evitamento delle richieste, di opposizione a tutte le richieste e di atteggiamenti provocatori che finiscono con il dominare il quadro e “mascherare” le difficoltà attentive.
Nel tempo i sintomi si modificano e si manifestano soprattutto come difficoltà nell’organizzazione delle proprie attività con conseguente ricaduta in ambito didattico e sociale, l’“irrequietezza” diventa interiore e si accentuano le ricadute sul piano emotivo. La distraibilità e la difficoltà a mantenere a lungo l’attenzione su un compito sono soprattutto percepite internamente da questi ragazzi e spesso poco visibili dall’esterno, rendendo difficile da parte dei coetanei e degli adulti la comprensione della causa dei molti insuccessi, ritardi, disorganizzazione: si accentua così il rischio di reazioni ansiose o di forte demotivazione. Nelle situazioni in cui la componente oppositoria è più forte si può arrivare alla violazione delle regole familiari, scolastiche e poi sociali.

Sono bambini che iniziano fin dai primissimi anni di vita a mostrare difficoltà nella comunicazione e nell’interazione con gli altri e con il mondo che li circonda. Sono spesso particolarmente sensibili ai suoni, agli odori, ai sapori o al contatto con diverse superfici e questo li rende molto reattivi all’ambiente e poco amanti dei cambiamenti. Sono spesso interessati a parti degli oggetti (soprattutto se in movimento) piuttosto che agli oggetti nel loro complesso ed i loro interessi risultano spesso atipici per l’età, rigidi e poco condivisi. Hanno difficoltà a mettersi dal punto di vista dell’altro e questo rende loro difficile comunicare in modo efficiente; fanno fatica ad interpretare correttamente le emozioni, proprie ed altrui, e quindi le loro reazioni possono apparire incongrue; hanno difficoltà a comprendere le regole della comunicazione ed appaiono quindi spesso eccessivamente sinceri o inopportuni. Tutte queste difficoltà rendono difficile il loro adattamento al mondo che li circonda e rischiano di essere motivo di esclusione da parte dei pari e degli adulti che faticano a comprenderne le azioni e le reazioni.

Quando questo disturbo si associa ad un ritardo nello sviluppo globale (disabilità intellettiva) e/o nello sviluppo del linguaggio verbale le loro difficoltà appaiono molto maggiori, più profonde e persistenti, ma anche più precocemente riconoscibili e quindi correttamente affrontate; quando invece lo sviluppo delle altre funzioni avviene con i tempi normali le loro difficoltà vengono spesso non riconosciute o scambiate per difficoltà emotive, comportamentali o “di carattere” dando luogo ad interventi scorretti e tardivi se non addirittura assenti.
In assenza di una compromissione intellettiva la ripetitività, la presenza di movimenti ripetitivi o di linguaggio non utilizzato a fini comunicativi si riducono nel tempo mentre permangono, e spesso diventano più evidenti, le difficoltà nella comprensione dei pensieri e delle emozioni proprie ed altrui, delle regole sociali, dei linguaggi astratti e figurati. La difficoltà nella gestione delle relazioni accentua la tendenza all’isolamento sociale e la scelta di attività ricreative, e poi lavorative, che riducano la necessità di interazioni sociali. La percezione di queste difficoltà cresce dolorosamente e può portare alla presenza di componenti ansiose e a riduzione del tono dell’umore.

Disturbi Emotivi e Comportamentali

Sono bambini che manifestano fin da piccoli disagio di fronte alle situazioni nuove, agli estranei, alla separazione dai genitori. Quando sono più grandi la loro preoccupazione per le situazioni inattese o poco prevedibili diventa più evidente e viene espressa anche a parole. La preoccupazione può essere legata a paure specifiche (anche se non motivate) come quella per le malattie, dello sporco, degli insetti o di altri animali (anche quando questi non sono presenti) oppure preoccupazione rispetto ad eventi (esami, interrogazioni, ma anche viaggi o attività nuove) da cui si aspettano possa derivare una qualche conseguenza spiacevole.

Se è legata alla paura dell’insuccesso o dell’errore, l’ansia può portare ad una sorta di “paralisi” di fronte alle richieste, comportare un rallentamento nell’esecuzione delle attività (nel tentativo di controllare di non aver fatto errori) ed essere scambiata per una disattenzione, per una povertà di linguaggio o per un disturbo di apprendimento.
E’ un problema molto frequente, spesso con una componente di familiarità, con un andamento oscillante nelle diverse fasi della crescita (e successivamente della vita) e può, spesso, rimanere limitata a particolari situazioni ed essere gestita senza provocare altre conseguenze.

In alcuni casi il permanere dell’ansia interferisce con il funzionamento quotidiano e conduce, soprattutto in adolescenza, ad un progressivo evitamento delle situazioni “di rischio” con conseguente riduzione delle attività svolte, fino ad arrivare ad un rifiuto della scuola o ad un isolamento sociale. In altri casi compaiono veri e propri attacchi di panico, a volte chiaramente legati ad eventi ansiogeni, a volte invece senza motivo apparente; si crea in questo caso la preoccupazione per possibili malattie, creando una sorta di circolo vizioso che a sua volta aumenta la componente ansiosa. In altri casi il tentativo di superare il disagio porta all’attivazione di comportamenti impulsivi con scarsa previsione delle possibili conseguenze e conseguente risultato negativo che, ancora una volta, rinforza la componente ansiosa.

La tristezza è un sentimento frequente nell’esperienza di tutti, soprattutto in corrispondenza degli eventi negativi a cui la vita ci espone. Questi bambini però appaiono tristi anche senza motivi evidenti, e riferiscono spesso anche la certezza che le cose andranno male di sicuro, che non c’è nulla che si possa fare (e che i grandi possano fare) per rimediare. Nei bambini più piccoli questi sentimenti non possono essere espressi verbalmente (e forse nemmeno pensati con chiarezza) e la tristezza si manifesta soprattutto come irritabilità, facile frustrabilità, scarso interesse o entusiasmo per situazioni o oggetti che generalmente piacciono molto ai bambini. Nei bambini e nei ragazzi la tristezza si accompagna spesso a sentimenti di rabbia, spesso sovradimensionata rispetto agli eventi, con conseguenti comportamenti “aggressivi” diretti spesso contro i genitori o gli adulti di riferimento e viene in questo caso scambiata per maleducazione o per un disturbo del comportamento.

Anche un tono dell’umore basso può avere un andamento oscillante nel tempo (anche in relazione alle diverse fasi della crescita) ed essere più evidente nei momenti di passaggio (ad esempio ai cambi di ciclo scolastico) o accentuarsi e durare più a lungo delle attese di fronte a situazioni di lutto reale. I bambini dicono spesso di non essere capaci di fare quanto viene loro chiesto, di essere inferiori ai compagni, più sfortunati o si sentono in colpa per eventi o situazioni che non dipendono dalla loro volontà o possibilità di controllo.

In adolescenza (fase sempre caratterizzata da sentimenti e reazioni estreme) il disturbo dell’umore può assumere caratteristiche più simili a quelle dell’adulto ed accompagnarsi a chiari sentimenti di inutilità, ed ineluttabilità, con pensieri di morte che rimangono in genere tali, ma che possono nei casi più gravi essere messi in atto in modo più o meno consapevole e determinato. Altre volte questi ragazzi mascherano la loro tristezza con comportamenti apparentemente oppositori o provocatori: dopo aver urlato, lanciato oggetti, proferito insulti e minacce scoppiano a piangere perché non sono stati in grado di controllare le loro emozioni o si rendono conto di aver arrecato danni alle persone o alle cose al di là delle loro intenzioni. Anche in questa fascia d’età l’andamento del disturbo può avere un andamento oscillante ed alternarsi con fasi di euforia, sensazione di “onnipotenza” e scarsa percezione delle reazioni degli altri e della realtà circostante.

Sono bambini (e poi ragazzi) che possiamo definire Bastian Contrario, che dicono sempre no (a volte anche quando vorrebbero dire si) di fronte alle richieste anche più banali, che sembrano fare di tutto per portare l’adulto all’esasperazione. Appaiono spesso molto autonomi, decisi, vorrebbero essere sempre loro a dettare le regole del gioco e questo rende loro difficile giocare con i coetanei e mantenere nel tempo le amicizie. Fin da piccoli è difficile insegnare loro a rispettare le regole (stare seduti a tavola, lavarsi i denti, mettere in ordine …), ma li contraddistingue soprattutto la determinazione con cui si oppongono all’adulto e la apparente indifferenza ai rimproveri ed alle punizioni. Qualche volta l’oppositorietà e la provocatorietà si manifestano anche nei confronti dei compagni, soprattutto se percepiti come più deboli, e danno luogo a provocazioni verbali, scherzi eccessivi, a volte con andamento crescente che, soprattutto se sostenuto da componenti ambientali, può portare ad atti di vero e proprio bullismo ed al danneggiamento delle proprietà altrui.

Anche per questo disturbo è possibile una evoluzione positiva, in cui il bambino/ragazzo impara a vedere e rispettare il punto di vista dell’altro ed a dirigere la propria determinazione e voglia di vincere verso obiettivi socialmente (ed emotivamente) più congrui: un bambino oppositorio può da grande diventare un leader. Qualche volta invece le difficoltà si accentuano nel tempo e la componente empatica diminuisce sempre più, si determina un’escalation di comportamenti dissociali, con danneggiamento delle proprietà e delle persone e violazioni aperte del codice civile e penale. In genere in questi casi era presente fin dall’inizio un disturbo della costruzione della personalità (cioè dell’immagine che abbiamo di noi stessi in relazione agli altri ed al mondo che ci circonda).